Premiati XII° ed. – Sezione Legalità Giovani/Adulti

“C’è un nucleo di valori _L’Archè_ attorno a cui gli uomini hanno costruito cellule vitali di civiltà. Un bene comune che ha come fondamento la responsabilità individuale e la giustizia sociale. L’io e il noi. La Legalità è l’anello che salda tutto questo e lo rende valore universale, spesso minacciato da ingiustizie ed egoismi.
Questa riflessione porti le autrici e gli autori ad esprimere liberamente il loro sentire attraverso un racconto.” 


1º PREMIO: ESSENTIA – Michele Stefanìa

Un’altra giornata è giunta al termine. Sono in macchina, per tornare a casa.
Ho visto tanti volti, alcuni pieni di dolore ed altri in cui siamo riusciti ad alleviare piccoli malanimi, con un sorriso.
A volte, l’ingiustizia del caso, porta con sé la seduzione dello scopo egoistico, ma quest’ultimo viene subito soppresso dal giuramento e dal cencio nero.
Parto.
La linea della carreggiata scorre lenta dietro di me e penso agli occhi celesti che hanno vissuto, da padre e ora da collega, dedicandosi al senso di giustizia, non solo per dovere.
Resilienza, per la responsabilità di nuovi occhi e per il nuovo mondo in cui sarebbero cresciuti.
Gli occhi celesti ricordano che hanno voluto vedere, con la purezza della prima volta, i volti sofferenti che chiedevano aiuto; a distanza di anni, mi fermo ad osservarli e rivivo vecchie storie che hanno avuto il loro corso, trovando negli occhi celesti uno sguardo responsabile allora, vero oggi.
Parcheggio.
I miei hanno un colore diverso. Ho visto e so dove continuare a guardare, a prescindere dal colore.
Per loro, per me e per i nuovi occhi che verranno.


2º PREMIO: IL FLASH – Luigi Presutto

Nella stanzetta per le convalide del carcere, c’era già la G.I.P. col cancelliere.
La guardia introdusse l’arrestata, che salutò spaesata i presenti.
La giudice diede lettura delle accuse e chiese alla detenuta se volesse avvalersi della facoltà di non rispondere.
Appena nominato difensore d’ufficio per quel caso, chiesi di potermi consultare con l’indagata, ma questa mi fermò e, risoluta, disse: “Risponderò.
Temevo fosse inconsapevole della gravità dell’imputazione, ma con voce inspiegabilmente ferma e calma, iniziò: “Sono colpevole.
L’affermazione ci sorprese come un ceffone.
Continuò: “Lavavo i piatti, dopocena. Mirco e i bambini erano a letto. E’ scivolato un coltello, l’ho afferrato per la lama e mi sono tagliata.
Un flash! Un’idea. Lì, presente, depositata nel mio profondo, chissà da quando. Così, come un automa, mi sono tagliata sulle braccia, sull’addome, al collo. Poi, sono corsa sanguinante in camera e ho svegliato Mirco gridando. Mio marito è saltato giù dal letto. Gridava, come in preda ad un incubo, fissandomi spaventato.
L’ho colpito e colpito, finché non l’ho visto immobile, riverso accanto al letto.
La giudice chiese: “Ha finto di essere stata colpita per prima, per inscenare una legittima difesa?
E lei, serena: “No. Sono stata davvero colpita per prima. Ma nell’anima.


3º PREMIO: MARE NOSTRUM – Alessandra Manfroi

Quando partimmo eravamo in tanti, uno accanto all’altro come birilli inanimati. Negli occhi solo il desiderio di libertà, di possibilità. La prima notte ho dormito con indosso una coperta di stelle, cittadino dell’intero mondo. Sopra di me, a vegliare, le antiche costellazioni luminose. Come brillano le onde, mamma, con i raggi della luna.
Il fugace, dolce rollìo accompagnò i nostri primi giorni e la speranza che la meta fosse vicina si faceva sempre più forte. Il saluto dei delfini fu come un balsamo sui nostri cuori affaticati. Ma l’acqua non sa essere solo sconfinata e pacifica. Come gli esseri umani conosce un lato inquieto, oscuro, furioso. I flutti divennero presto e improvvisamente impetuosi. Iniziammo a ondeggiare, seguendo la sequenza costante di quel moto che invadeva i nostri spazi. Quel giorno non andammo più avanti.
Com’è profondo e buio il mare, mamma. Com’è salata l’acqua quando si mescola al fiato. Affidai il mio ultimo respiro a te. Quanto pesa la mia anima volata in cielo dal fondo di questo mare? Ora so che è leggera quanto quell’ultimo soffio. Macigni pesano sull’anima di coloro che qui ci hanno condotto e di coloro che qui ci hanno abbandonato per sempre.


MENZIONI SPECIALI DELLA GIURIA:

I MALI DEL TERRITORIO – Serena Calvano

Legalità: un termine apparentemente tanto conosciuto, eppure poco rispettato.
Che bella terra il Gargano, dove cielo, mare e montagna si incontrano per dare vita ai magnifici territori che ci circondano.
Però che brutta la fama di paese di delinquenti, mafiosi, ladri, che aleggia intorno a noi…
Uomini morti per affermare il loro comando nelle città, carabinieri uccisi per puro egoismo durante un semplice controllo, sciacallaggio, pizzo, bombe che distruggono negozi, palazzi, e vite.
Siamo maestri del lamento, non smettiamo mai di lagnarci e di dire: “dove sono i turisti?”, “ma come fanno a essere spaventati?”, “noi siamo molto altro!”.
Sì, molto altro… Siamo ignoranti, omertosi, indifferenti, crediamo che tutto finirà nonostante sappiamo che, in questo modo, non succederà mai.
Ma perché allora non smettiamo di lamentarci e iniziamo a onorare i defunti, a tenere conferenze e, soprattutto, a sfidare con coraggio e senza violenza questi atti di egoismo e apparente potenza?
Basta un atto di coraggio così piccolo, eppure tanto importante per mostrare che con le cattive non si guadagna nulla, in particolar modo il consenso della società che, nutrendosi giorno per giorno di cultura, è sempre più consapevole e non si lascia abbindolare da questa ostentazione di forza fasulla.

IL GREMBIULE VIOLATO – Isabella Del conte

Libera e sua mamma stavano andando a comprare un nuovo grembiule. Erano dirette al negozio di Tonino, lui l’avrebbe consigliata nell’ardua scelta, lui sì che aveva buon gusto. Improvvisamente le sirene ferirono le sue orecchie, frastornata abbracciò sua mamma tra la folla. Poi non vide più nulla, si sentì trascinata via. Da quel giorno non rivide più Tonino, aveva perso la vita per uno scambio di persona.
Questo l’aveva ferita, tanto che il grembiule era diventato per lei il simbolo della legalità violata e delle ingiustizie.
Ora rifletteva su quella appena ricevuta.
Perché i voti non rispecchiavano la sua preparazione?
Perché l’insegnante le aveva messo quel brutto voto?
Forse perché lei non era la figlia dei notabili del paese, suo padre era solo un operaio e non poteva fare grossi favori… Era questo?
Ma la scuola non avrebbe dovuto tutelarla con trasparenza e coerenza? Sì, ma la scuola rispecchia la società e può capitare che un insegnante abbia comportamenti poco legali, per fortuna sono pochi…Sorrise e guardò tutti gli altri bellissimi voti. Quel brutto voto le sarebbe servito da sprone, voleva diventare una brava insegnante, una di quelle che ispirano, rispettano le regole e “sanno insegnare il mestiere di vivere”.

LA RINASCITA DI UNA FENICE – Di Nauta Mariella

Tra le alte cime delle montagne, viveva la Fenice più bella che si fosse mai vista.
Ogni giorno volava nel cielo
avvolta da colori meravigliosi..
Ogni tanto si dissetava, per poi riprendere il volo.
Era felice …
Un giorno le si avvicinò un uccello fantastico dai colori abbaglianti.
La Fenice affascinata se ne innamorò subito.
Divennero inseparabili.
Lei si annullò completamente per lui.
Un giorno ebbe una strana sensazione.
Tornò nel nido e vi trovò un drago malvagio.
La prese e la incatenò immediatamente.
Lei capì che il suo meraviglioso amato in realtà era il drago.
Quando la vide per la prima volta, decise che sarebbe stata sua.
Cambiò aspetto per fare innamorare la povera Fenice.
Resa prigioniera perse la voglia di vivere e si rattristò.
Invano cercò di liberarsi…
Visse nella violenza.
Quando pensò di non avere più via d’uscita,
entrò uno spiraglio di luce dalle rocce.
Questa bruciò tanto da spezzare le catene
e liberarla. La Fenice cominciò a volare lontano
senza mai voltarsi.
Il drago cercò di fermarla, ma morì schiacciato
da grossi macigni.
La Fenice rinacque..
pronta per una nuova vita anche se
con qualche ferita in più..

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