Premiati X° ed. – Sezione Legalità

 

“La legalità a te vicina, quella che appartiene alle piccole cose e alla quotidianità dei comportamenti, può diventare habitus e cultura della legalità. Una storia, un’esperienza, un sentire, gesti ed azioni concrete possono ergersi a testimonianza e a tutela della legalità e della giustizia, soprattutto in questo periodo di pandemia, in cui il rispetto delle regole diventa fondamentale per la sopravvivenza propria ed altrui. Questa è l’unica strada per permettere al dovere di tutelare il diritto prioritario, quello della Vita. Così come diceva don Pino Puglisi, “Se ognuno fa qualcosa si può fare molto.”


1º PREMIO: “Pandemia e legalità: un’occasione di crescita” di Alessandra Manfroi

Un medico entrò in un supermercato della propria città per fare la spesa. Si muoveva tranquillamente tra gli scaffali del negozio quando, con la coda dell’occhio, intravide un paziente. Ma certo, non può sbagliarsi. È proprio lui. Lo riconosce nonostante la mascherina e si rende conto in un attimo della gravità della situazione: è lo stesso signore con cui ha condiviso, solo qualche giorno fa, l’esito del tampone Covid- positivo e la relativa misura di quarantena. Indubbiamente sta bene, come gli aveva confermato telefonicamente. Ma è contagioso! Un pericolo per gli altri. Cosa ci fa liberamente fuori come se nulla fosse?
Il medico decise di rivolgersi al direttore del supermercato e poco dopo, dagli altoparlanti, emerse un flebile annuncio: “È stata segnalata la presenza di una persona soggetta a misura di quarantena. La persona interessata è pregata di recarsi all’ingresso”.
Che sguardi di sorpresa e di smarrimento intercorsero tra medico e direttore quando, all’ingresso del negozio, si presentarono in sette! Non una, bensì sette persone nell’atto di infrangere quello che di fatto è un patto sociale e che si basa sul principio assoluto della salute e della vita. Che parole ci sono per descrivere la pericolosità che si è diventati per gli altri mancando il rispetto di una sola regola?
L’episodio, realmente accaduto e ripreso da qualche quotidiano locale, offre uno spunto di riflessione: e se l’emergenza legata al Covid fosse un’occasione di crescita e un insegnamento alla legalità? La pandemia, infatti, può rappresentare metaforicamente il primo principio radicato nel nostro ordinamento giuridico: siamo tutti uguali di fronte alla legge, siamo tutti uguali di fronte a questo maledetto virus. Così abbiamo imparato che considerarci delle isole senza legami e conseguenze sulle persone che ci circondano è pura utopia. Ci ha dimostrato che dai nostri gesti dipende la vita degli altri, e la nostra dai loro. Ci ha illustrato dal vivo la nozione matematica e fisica denominata “effetto farfalla” per cui, a conti fatti, una singola azione individuale può determinare imprevedibilmente il futuro altrui. Ci ha evidenziato quanto lo stare insieme sia basato sulla solidarietà, sul rispetto, sulla parità delle azioni che riflettono il riconoscimento e l’agito delle regole. Ha reso ancora più chiaro che la legalità è il cemento di ogni convivenza sociale e di ogni organizzazione collettiva.
Probabilmente non serviva un’epidemia per comprendere quanto la legalità sia salvifica in ogni nostro singolo gesto quotidiano. Ma non possiamo farci scappare questa occasione di crescita: non è mai troppo tardi per comprendere quanto sia importante, per la nostra stessa incolumità, rispettare le regole e il prossimo. Legalità significa agire quel rispetto sempre, come essenza naturale di vita, senza pretendere nulla in cambio.

 

PREMIO DELLA GIURIA: “Alla mia età” di Camilla Grossi

La bambina faticava a dormire quella notte, c’era sgomento nel quartiere, si udirono urla e spari, provai a tapparle le orecchie con le mie mani, invano, le dissi di dormire, tutto sarebbe passato, mi chiese cosa volesse dire quel rumore, quel rumore metallico che spezzava una vita, quel rumore di sirena che entrava nelle orecchie e rimbombava sempre di più fino ad arrivare al nostro petto creando quell’angoscia che attanaglia. Non le risposi in un primo momento, sperando che potesse farne a meno, ma la bambina mi tirò un ciuffo di capello castano, non riusciva a dormire con la sirena ripetuta, le dissi che doveva stare tranquilla, stava arrivando qualcuno per fare del bene. La piccola era sempre stata intelligente, però mi chiese cosa significasse in quel caso la parola “bene”, salvare, aiutare, o almeno provarci,
Sorrisi, quando mi pose la sua nuova questione, se intendessi qualcuno come Iron Man:
“Si tesoro, proprio come Iron Man, i supereroi esistono, ma non sempre questi hanno una maschera”.
Avevo 16 anni da poco compiuti quando morì sparato il maresciallo del mio paese dimenticato anche da Dio, il mio paese grande quanto un tappo di bottiglia, il paese che mi ha dato i natali e in cui sono cresciuta.
Avevo 17 anni quando la pandemia è entrata nelle nostre vite.
Avevo 18 anni quando i manifesti di tutta Italia urlavano “state a casa”.
Ho 19 anni oggi, oggi che è il mio compleanno, e io non ho niente da festeggiare.
Io sono qui inerme tra quello che vorrei fare e quello che non posso, ferma dinanzi la porta di casa mia sperando di poter correre fra le braccia di un viso amico, ma non devo farlo, io devo resistere, per chi ha perso la vita, per chi sta combattendo oggi, per chi ci intima di stare attenti e a cui nessuno da ascolto.
E arriveranno i tempi migliori, e potremo ballare di nuovo tutti insieme sotto la pioggia, ma non adesso, non è il momento di montare una guerra civile, va a discapito nostro, di noi giovani, che abbiamo già perso gli anni più belli della nostra gioventù. Io ho perso il mio ultimo anno di liceo, non saprò mai cosa voglia dire.
Certo che il mondo ha tanti problemi, e noi cosa facciamo? Combattiamo spesso e volentieri contro Coloro che, ammettiamolo, chiamiamo “guardie” “piedi piatti” “caramba”. Insomma, chi più ne ha più ne metta.
Quando lo capirà l’uomo? Quando capirà l’uomo che siamo tutti dalla stessa parte? Che tutti commettono errori ma possiamo risolverli.
Io ci credo nel mondo, ci ho sempre creduto, ho sempre creduto nella giustizia, ho sempre creduto nel tendere la mano anche al peggior nemico, ho sempre creduto che il mondo dovesse essere un grande cerchio di persone unite, perché siamo così corrotti tutti?
Perché vediamo il male dove non c’è?
Amico mio, io non ti vieto di uscire, ma guardami negli occhi, salvami.

 


MENZIONI SPECIALI DELLA GIURIA: “Esplosione” di Marco Yurij Mennella

In Capaci la strage accade.
La giustizia riflessa nel mare scompare.
Si avvicina lento ma timoroso il tuono
rimbombante nel quieto mare.
Tra le onde risale il suono da noi temuto.

Una nuvola di fronte a noi divora il cielo,
travolgendo il quieto mare.
Intimoriti sentiamo le lamentele tuonanti.
Un mercantile lontano, ignaro del dolore,
avanza baciando il mare, abbandonando la vita infame.

Il vento ci saluta, il mare si calma, la pioggia ci tocca.
E in un attimo divenimmo lacrime.

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