Premiati XI° ed. – Sezione Prosa

1º PREMIO: “Un soffio contro il vento” di Federico Giagnorio

La danza del fuoco da bivacco ardeva nelle viscere e rischiarava il vestibolo di una purpurea luce cangiante. Il riverbero emanava lucore alla vereconda fessura delle pendici del monte, difesa appena dagli arbusti di rovo alla sommità.
S’inoltrò all’interno, guidato dal bagliore della fiamma, anfitrione dell’umida e modesta stanza.
L’ambiente era mite, confortevole.
S’adagiò, prese un foglio ripiegato su sé stesso e te lo porse.
«Qui ho scritto il tuo futuro» disse con un soffio di voce, a sovrastare appena il crepitio delle fiamme, «ma non sempre la sua conoscenza è indispensabile, o possibile, ti starai chiedendo.
«La scelta è meno ostica di quanto sembri» continuò la figura vestita di bianco. «Ci proiettiamo verso l’ignoto o viviamo il presente? La chiave della felicità si cela qui, nell’ancestrale eco dei tuoi pensieri, nelle segrete di un animo predisposto all’infinita bellezza dell’essere.»
L’alba squarciò di netto la stanza.
«Concediti alla luce, se vuoi. Vivi.
«Vivi, sai già come farlo. Sii felice.
«Attenderò qui. Sarò il sentimento di un incontro salvifico, il soffio contro il vento delle avversità, la mano tesa verso te, l’eterno atto d’amore delle tue virtù.»
All’entrata del mondo, curiosasti il foglio che stai leggendo.
Poi ti donasti alla luce.


2º PREMIO: “La strada verso casa” di Alessandra Manfroi

Alba udì il telefono suonare: fissò a lungo il ricevitore, esitando. Sapeva chi si trovava dall’altra parte e cosa le avrebbe detto, solo attendeva cercando di prolungare il momento. Quell’attimo in cui ti accorgi di essere davanti ad uno spartiacque e che il dopo non sarà mai più come il prima. Aveva una bellezza pulita e composta, quasi disarmante. Un viso armonico contornato da capelli e occhi color cioccolato. Sguardo posato, senza traccia di malizia.
“È tardi, Alba!” dissero dall’altra parte. “Dobbiamo proprio andare.”
Alba non immaginava ciò che sarebbe stato, ma sapeva bene cosa lasciava dietro di sé. Scappava dal suo cielo e dalla sua vita, seminando qua e là briciole di ricordi. Immagini a brandelli di alberi, vigneti, oleandri. Il profumo degli ulivi, i colori del mare, i mandorli in fiore. La sua terra, la sua casa. Nel profondo, però, un cuore pulsante e indissolubile di speranza la animava: era certa che un giorno avrebbe ritrovato ogni cosa. Magari in una nuova lingua, sensuale e incomprensibile, con nuovi colori, nuovi rumori e odori. Era fermamente convinta che la terra fosse unica, senza confini. E che per tutti, ovunque, ci fosse un luogo in cui sentirsi finalmente a casa.


3º PREMIO: “La veglia” di Maria Zimotti

Nella piccola cucina c’è il divano a due posti sul quale il nonno negli ultimi tempi, nonostante la cataratta ormai da anni gli impedisse di vedere con chiarezza, si sedeva, e “guardava” i cartoni animati. Tutta una vita sulle spalle per ritornare bambini
Ora è tutto finito. Lui è nella grande stanza da letto, composto, con quelle scarpe nuove che non lo porteranno da nessuna parte.
Come tutti gli emigranti ritorno nella mia terra per i funerali. La notte scorsa, quando sono arrivata, mi ha accolto il silenzio senza tempo di questi luoghi.
Gli uomini delle pompe funebri si fanno largo con gesti fermi ma cortesi e aspettano che si esaurisca il rito dei saluti prima di chiudere la bara. Nessuno riesce più a trattenere le lacrime.
Guardo giù nella valle. I miei occhi intristiti dalla monotonia della pianura si ricreano seguendo le curve delle colline che sono le stesse che guardavo con mia nonna. Fanno lo zoom sulle masserie mentre campanacci di capre aprono lo scrigno dei ricordi. La commozione monta, lacerante.
Questa terra, che sembra così immobile, invita al viaggio ma ci aspetta sempre. E noi sempre torniamo, prima o poi.


MENZIONE SPECIALE DELLA GIURIA

“Nuvole” di Fernando Loretti

Oggi è il grande giorno, me lo sento.
Lo sento nell’aria, nel vento che ora mi porta il tuo profumo.
La fragranza non mente. Non puoi essere lontana.
È un miracolo che stia per succedere, com’è un miracolo quel che è già successo, dopo quel che ci successe.
La nave, la grande roccia, il disastro.
Le grida, poi tutt’a un tratto, la pace.
Le nostre essenze si sciolsero, diluendosi con altre essenze.
Molecole galleggianti che placidamente s’unirono, a formare bastioni che con veemenza si innalzarono nei cieli, per poi cadere, sciogliersi nuovamente e congiungersi ancora. Ogni volta con essenze diverse.
È questo il destino di chi muore in mare.
Ma oggi sono intero, e lo sei anche tu, lo percepisco.
Scruto nell’azzurro del cielo.
Eccoti! Ti vedo!
Bellissima come sempre.
Quanto tempo è passato?
Quante le volte che ho annusato parti di te in cumuli ben più diversificati?
Ed ora che siamo interi, originali, puri; il vento ci avvicina ed io poso dolcemente le mie appendici sulle tue.
Ora siamo uniti, il vento l’ha voluto.
E quando saremo di nuovo lontani, saprò che esisto soltanto per incontrarti ancora, e ancora, e ancora.
In un nulla pieno di noi.


RADICI E TERRITORIO

“Nostalgia” di Carmela Santamaria

Nonna Carmela
Che felicità andare da nonna, entravamo in quella stanza e come predatori ci fiondavamo sopra il letto o sotto il letto…. Nonna era una vecchia un pò bisbetica, dispensava pizzicotti sul collo a chi non ubbidiva, viveva nella parte antica del paese, in un vecchio monolocale con pavimento in pietra e soffitto con scricchiolanti travi. Sopra il bel comò, incutevano paura, candele perennemente accese davanti a grigie foto di defunti. In fondo all’unico locale una finestrella si affacciava su di un enorme vallata. L’interno spartano era organizzato secondo una sua logica, a me incomprensibile ma molto originale: conservava sotto il letto secchi pieni di biscotti, taralli, caramelle, concentrato di pomodoro e altri alimenti. Nell’armadio oltre ai vestiti appesi, prendevano posto il pane, i pomodori e il formaggio. Il comò in bella vista, che ora è mio, era il pozzo dei desideri. Aveva un singolare modo di guardare la televisione mia nonna, riflessa nello specchio, seduta guardava se stessa nel mentre guardava la televisione… Noi nipoti entravamo furbescamente senza farci vedere, intanto che lei sferruzzava dalla sua amica eternamente malata, convinti nella nostra innocenza di bambini che nonna non si accorgesse. Ci adorava invece nonna, ad ogni mercato riforniva tutte le sue provviste per noi piccoli predatori, era il suo modo di dimostrarci che ci voleva bene, ed era diventata la sua strategia per tenerci vicini. Ho preso molto da lei, oltre al nome, tanti tratti del mio carattere. Nonna è partita all’improvviso e con dolore tanti anni fa, è stato il mio primo incontro di bambina con la morte e con il lutto…. Nonostante il tempo trascorso nonna è ancora con me. Conservo gelosamente alcune sue cose, spesso le osservo, le tocco, le annuso ed è come sentirla ancora vicina. Mi ritorna spesso in mente la sua voce che m i richiama per riportarmi indietro per un ultimo saluto, per un ultimo abbraccio…la sento, quel filo resiste ancora, è il suo richiamo che mi porterà da lei…

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