PER AMORE

Settembre  1995, primo giorno di scuola a Vieste.

Era stata trasferita da Milano, città anonima e irraggiungibile, da conquistare ogni giorno.

Dimora di una vita senza futuro e senza progetti e dove il buio rischiava di prendere il sopravvento.

Un matrimonio finito in breve tempo. Troppi colpi  erano stati inferti sulle loro vite, accanimento spietato di un destino crudele.

Lei aveva avuto bisogno di coraggio per affrontare le sofferenze, per cadere, prendere forza e rialzarsi una e mille volte per adattarsi a sopravvivere.

Tutto era stato inutile e prima che la disperazione tracciasse il suo solco, lei aveva  reciso le radici di un domani senza speranza.

Sentiva che il futuro era ancora suo e che lo poteva dipingere nei colori che preferiva. L’amore per l’uomo che aveva amato era perduto per sempre.

Sapeva che non si poteva restare aggrappati alle cose e che bisognava lasciarle andare. Il tempo avrebbe sbiadito le tinte più forti.

Bisognava dare un taglio netto al passato e così dopo undici anni tornava nella sua terra.

Quella mattina percorreva la strada in macchina, era un po’ in ansia per ciò che l’attendeva.

Un nuovo capitolo della sua vita stava per iniziare.

Durante il tragitto i suoi occhi si soffermavano sul paesaggio, visto come fosse  la prima volta.

Era estasiata!

La strada si snodava tra il bianco delle rocce, il verde di una vegetazione rigogliosa e incontaminata  e l’azzurro del mare. L’orizzonte sfiorava un cielo promettente.

Peschici  era adagiato con le sue case bianche  su un costone di roccia .Un arcobaleno incorniciava quel quadro, mentre il sole faceva capolino tra qualche nuvola incerta.

Le sfuggì un sorriso, compiaciuta di quella visione che l’accoglieva e che  sentiva di buon auspicio.

Ad ottobre decise di stabilirsi a Vieste.

Doveva affrontare questioni legate alla sua separazione; la distanza fisica dal suo paese la preservava da occhi indiscreti e inquisitori, l’aiutava a salvaguardare quelle energie che le erano rimaste e che le servivano per affrontare un futuro incerto e difficile.

Era cominciato, intanto, un nuovo amore  vissuto con trepidazione.

Un amore adulto, spoglio della gelosia e dell’egoismo di un’adolescenza prepotente e avida.

Questo amore l’aiutava a vincere ostacoli insuperabili, le dava serenità.

Ricorda le attese, le ore trascorse insieme a lui senza pensare al domani e a ciò che li attendeva.

Di nascosto si erano amati, abbandonati attimo dopo attimo a quella felicità. E ogni volta dopo la passione soddisfatta e l’amore ritrovato si addormentavano vicini. Era il desiderio di colmare d’amore un’esistenza senza passioni. Amore significava vita e lei voleva vivere.

Il distacco da lui la rattristava, è vero, ma sapeva che la fine di quel momento era l’inizio di una nuova attesa.

Fremeva al pensiero dei loro incontri, il fruscio di un battito d’ali si agitava nel suo petto. Le sorprese, la complicità, i sotterfugi, le passeggiate: aveva imparato a godere delle piccole cose. La felicità era il vivere piano, a piccoli passi.

Gli anni trascorsi nella sua terra, tra l’adolescenza e l’essere adulta, li aveva vissuti ignara di tanta bellezza. Erano gli anni intrisi di sogni, ideali e amori.

Ora il suo atteggiamento di fronte alla vita si era radicalmente trasformato,  volgeva le sue premure alle bellezze e all’essenza dell’esistenza.

Le stagioni scandivano il divenire del tempo e lei ne ammirava i mutamenti.

Nei pomeriggi d’autunno facevano lunghe passeggiate sulla spiaggia; dopo l’estate la gente del posto si riappropriava  dei suoi luoghi, saccheggiati da migliaia di turisti durante le vacanze estive.

Questo vivere nuovo era appagante, ridava alle cose il loro valore e ristabiliva un contatto più autentico con la natura.

I colori incantevoli della Foresta catturavano i loro sensi. I  loro corpi distesi sul manto di foglie ascoltavano silenziosi, in armonia con la natura.

L’esplosione di colori e di profumi della primavera la inebriava, le dava vigore ed entusiasmo.

Lei coglieva stupita i contorni del mondo, volgeva lo sguardo ovunque, quel miracolo che si rinnovava ogni anno vestiva la natura di un abito adorno di pizzi e merletti gialli, lilla, azzurri e viola.

Magnifici quadri di paesaggi sperduti.

Apprendeva i nomi di piante e fiori,  li riconosceva  e si sentiva compiaciuta di tante scoperte.

La natura esercitava su di lei una forza appagante.

Erano le relazioni umane che indebolivano il suo spirito libero. Le cattiverie le erano piovute addosso senza riguardo, come gocce roventi sulle sue ali di carta.

Dopo undici anni di lontananza percepiva solo un impalpabile cambiamento nei comportamenti della gente, solo un lieve tentativo di vivere gli eventi della vita con autenticità. Troppo poco per assaporare il gusto del sentirsi liberi da schemi convenzionali.

Le persone si nascondevano ancora dietro le contraddizioni e le ipocrisie, perché servivano a salvare le apparenze.

La loro esistenza scorreva senza entusiasmo, senza la voglia di cambiare; eppure, di contro, la natura, in quel Gargano così magico e misterioso, era mutevole e si rinnovava ad ogni stagione.

Spesso le capitava di cogliere sui volti delle persone che conosceva un senso di smarrimento, di rassegnazione, uno sguardo spento e un sorriso appena accennato.

Cosa l’aveva spinta, allora, a tornare in quella terra così accogliente ma anche così ostile?

Era tornata per amore.

 

 

Curatolo Giuseppina

 

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