Premiati IV° ed. – Sezione Ragazzi
1° Classificato: Jessica Coccia – LA SOTRIA DI NONNA RINA STEFANIA EMIGRATA A LONDRA
Ogni giorno sentiamo in televisione che centinaia di extracomunitari vengono in Italia. Non è giusto dire che dobbiamo “raderli al suolo”, “buttarli a mare” o rimandarli nel loro paese, perché basta pensare che anche i nostri nonni emigravano per guadagnare un po’ di soldi, perché qui morivano di fame proprio come loro. Non solo i miei nonni molti anni fa, ma anche oggi numerose famiglie di Cagnano vanno via, vanno all’estero sempre per lo stesso problema.
Ho raccolto la testimonianza di mia nonna Caterina (Rina) Stefania che oggi ha ottanta anni, da ragazza emigrò a Londra, mi ha raccontato la sua storia:
“Avevo già conosciuto l’amore ma, vedendo che in casa dei miei genitori non riuscivano a mangiare, anzi a vivere bene, mio fratello lavorava, pensai che anche io dovevo farlo. In Italia non trovai lavoro e fui costretta ad emigrare.
Appena lo dissi al mio ragazzo lui non voleva, perché avevo già venti anni e voleva sposarsi, ma io volevo aiutare la mia famiglia.
E così partii nel mese di maggio del 1955 con altre mie amiche. Partii con la valigia di cartone comprata a debito; la pagai dopo che lavorai per un po’ di tempo. Prendemmo il treno e dopo varie tappe europee ci imbarcammo sul traghetto che portava in Gran Bretagna. Dopo circa 2 ore di navigazione approdammo in terra inglese, dovevamo raggiungere Londra in treno, ma arrivati ad una città bisognava cambiare convoglio, noi non sapevamo quale prendere non potevamo chiedere a nessuno (lo facevamo in italiano ma nessuno ci capiva), perché la lingua era diversa, allora ogni treno che arrivava noi chiedevamo al signore con il cappello e la divisa (il capo treno) se era quello giusto.
Arrivate a Londra, il primo giorno ci fecero conoscere la fabbrica, il posto in cui lavorai per circa dieci anni, era una ditta denominata Worcester, dove si inscatolavano i pomodori, il mais e il tonno in barattoli; era una catena di montaggio che passava in diverse macchine.
Vivevamo in una casa in sei persone, quando passava la polizia non doveva trovare più di sei persone perché, se succedeva, ci rimandavano nel nostro paese.
Si lavorava tutti i giorni tranne il sabato e la domenica. Delle volte non uscivamo e non andavamo nemmeno nei locali, perché i soldi servivano alle nostre famiglie in Italia: eravamo andate lì per guadagnare i soldi, non per spenderli.
Festeggiavamo in casa onomastici e compleanni, facevamo gite nei dintorni, al mare, andavamo alle giostre e organizzavamo picnic.
Altre mie amiche che erano lì già da anni mi raccontarono che loro, per mangiare in un posto distante cinque chilometri, ci andavano a piedi. Se arrivavano con un po’ di ritardo, non mangiavano più perché il pranzo si serviva tutto ad un orario ben stabilito. Quando andai io non c’era più e si mangiava nelle proprie case, mettendo dei soldi ciascun coinquilino e comprando il cibo. Ho fatto molte amicizie con ragazze inglesi, e ci divertivamo. Quando eravamo in vacanza il fine settimana andavamo nei parchi, buttavano anche il cibo alle papere; vicino alla cascata c’era umidità e crescevano le cicorie solo che gli inglesi non le conoscevano… e noi le raccoglievamo e le cucinavamo con la carne.
All’inizio nel piccolo paese dove vivevamo non c’era nemmeno un negozio italiano per comprare il cibo italiano ed andavamo in un paese poco distante, però dopo un anno aprirono un negozietto anche nel mio paese.
Con il mio ragazzo mi scrivevo sempre le lettere, infatti ogni volta che arrivava il postino, e mi dava la lettera, ero felice perché ero certa che lui era vivo; allora era arruolato nell’esercito.
Avevo anche imparato un po’ la lingua inglese, però dopo dieci anni trascorsi a Londra ritornai dai miei cari. Era il mese di dicembre del 1963. Per i primi anni ci sono stati i contatti con le amiche inglesi, ma poi si sono persi. E pensare che ci facevamo anche i regali.
Intanto l’11 gennaio del 1964 mi sposai con il ragazzo che avevo conosciuto prima di partire. Fu una bellissima festa, secondo le usanze del Gargano e di Cagnano.
Ho avuto cinque figli però ebbi una grande sventura, a distanza di soli tredici anni dal matrimonio lui morì. Ho cresciuto cinque figli da sola ma devo ringraziare anche loro che hanno lavorato e si sono guadagnati i soldi e li mettevano in famiglia, ma questo dopo gli studi.
E ora sono qui a raccontare la storia della mia vita “migrante” a mia nipote”.
Quando mia nonna mi raccontava la sua storia le brillavano gli occhi, quasi quasi si emozionava. E’ bello ascoltare la storia di mia nonna, mi ha fatto capire i sacrifici che si fanno per l’amore della famiglia.
Io penso che non bisogna uccidere o discriminare gli extracomunitari che vengono in Italia perché vengono per guadagnare un po’ di soldi e spesso per sfuggire alla morte nei loro paesi di origine martoriati dalle guerre.
2° Classificato: Nicola Canestrale – HO PRESO LA PATENTE DA DISLESSICO
… E intanto vola il caro tempo della gioventù; più caro della gloria, della pura Luce del giorno e dello stesso respirare… Così scrive Giacomo Leopardi nella lirica “Le Ricordanze”, rievocando i suoi primi anni di vita, vissuti quasi inconsapevolmente, e il suo disagio di adolescente. Il poeta trascorre un’infanzia poco felice a causa del carattere distaccato della madre che fa crescere il figlio in totale assenza del suo affetto. L’adolescenza, essendo un periodo un po’ critico della vita, a volte fa compiere a noi ragazzi delle azioni che ci fanno sentire realizzati e spesso viviamo un malessere che ci fa credere di non essere accettati per quello che siamo veramente. La gioventù, di conseguenza, non è sempre il periodo più felice e spensierato della nostra vita. Ogni volta che i miei genitori mi riprendono su qualche mio atteggiamento che per loro è sbagliato, mia nonna, che ha 94 anni, rincara la dose dicendo che noi ragazzi di oggi siamo fortunati perché abbiamo tutto, mentre ai suoi tempi c’erano molte privazioni.
Sicuramente quando ascolto questi discorsi mi sembra di vivere in una realtà molto lontana dalla mia, quasi medievale. Veramente io non mi rendo ancora conto di vivere in modo consapevole la mia gioventù, che sembra un bene così prezioso del quale non bisognerebbe sprecare neanche un attimo.
Anche se sono giovane non mi pare di vivere in modo tanto spensierato perché sono dislessico e, anche se ho accettato con molta serenità questa mia “diversità”, non posso affermare di non avere problemi. Il mio “lavoro” per ora è frequentare la scuola, dove quotidianamente devo affrontare molte difficoltà e dal momento che esse esistono, e quindi fanno parte della mia giovinezza, già viene meno la mia spensieratezza.
Anch’io, come il Leopardi, ho dovuto affrontare varie avversità: la mia carriera scolastica è stata travagliata, soprattutto i primi quattro anni delle elementari. Il mio problema non è stato individuato dalle maestre che mi accusavano di essere pigro e svogliato, una di esse mi ha addirittura apostrofato come “ottuso” e questo non lo dimenticherò mai! I miei genitori, non sapendo neanche l’esistenza di tale disturbo, mi rimproveravano e mi costringevano a leggere per farmi esercitare ed io mi bloccavo. Durante il periodo scolastico non giocavo mai con i miei amici perché impiegavo tutto il pomeriggio e la sera per svolgere i compiti. Mi sentivo tanto solo, incompreso e stavo male fisicamente, avevo crisi d’ansia che mi facevano balbettare. Ho subito molte umiliazioni e ingiustizie fino a quando ho conosciuto una signora, che ora chiamo zia, che ha individuato il mio problema e mi ha aiutato, e mi aiuta tuttora.
A scuola però la situazione non è cambiata molto perché viene usato il metodo di insegnamento tradizionale. Da soli due anni mi è stata certificata la malattia ed è solo da quest’anno che ho trovato dei professori umani e disponibili. Ho acquistato maggiore autostima, sicurezza ed ora riesco anche a scherzare sul mio problema, dicendo che “ho preso la patente da dislessico”.
A volte però incomincio ad accelerare il mio tempo e mi immagino già adulto con un buon impiego che mi permetta di potermi creare una famiglia. Penso allora che la giovinezza non sia poi il “tempo migliore” della vita di un uomo perché è da adulti che si realizzano più cose, ma poi mi ritorna alla mente la frase di mia nonna: “Beato te che sei giovane, se io potessi tornare indietro!”. E allora la confusione la fa da padrona. Alcuni miei amici scherzano sul periodo della nostra vita e dicono che “bisogna vivere come se fosse l’ultimo giorno”. In verità, se fosse l’ultimo giorno, io non saprei proprio come comportarmi perché è vero che durante la giovinezza si vorrebbe conquistare il mondo ma alla fine mi mancherebbero la forza e il coraggio per intraprendere qualunque cosa. La mia giovinezza la sto vivendo in modo molto tranquillo, sento solo il bisogno di stare di più con i miei amici e condividere con loro le stesse aspettative di vita.
Spesso i nostri errori dipendono dalla paura e dall’ingenuità e mi rendo conto che a parole sembriamo già uomini arrivati, ma in fondo siamo ancora bambini in fase di crescita.
Nonostante gli sforzi, spesso deludo i miei genitori perché la mia maturità avviene in tempi più lunghi di quanto essi si aspettano. In questo momento della mia vita, ho 16 anni, nascono delle incomprensioni con i miei familiari e talvolta posso sembrare un ribelle; essi mi giudicano secondo quello che è importante per loro, mentre le mie priorità sono solo delle sciocchezze. In questo periodo desidererei avere più libertà, rincasare quando va bene a me, e non vorrei dar conto a nessuno delle mie azioni.
Ho il desiderio di viaggiare, fare nuove esperienze e incontrare persone con usi e costumi diversi dai miei. Mi spiacerebbe però essere giudicato come un ragazzo superficiale che ama solo il divertimento; io credo nel valore della famiglia, dell’amicizia, della verità e della giustizia.
Non si può certo dire che la società in cui noi giovani viviamo ci dia dei buoni esempi da seguire; a volte sembra che se non si è “furbetti”, dediti al latrocinio e alla corruzione non si possa far carriera. Purtroppo stiamo vivendo un periodo molto buio dove la storia si ripete e persistono ancora guerre di religione dove la vita umana non conta più niente.
Spero che siano proprio i giovani, con la loro spensieratezza e ottimismo, a dare un input di ripresa con la prospettiva di un mondo migliore dove tutti si impegnano con serietà per realizzare il bene comune.
3° Classificato: Marlène Di Bari – NOI E LEOPARDI
Caro Giacomo Leopardi,
oggi voglio portarti un po’ più avanti nel tempo, per farti conoscere la gioventù che forse tu non hai mai potuto vivere, consolandoti di una felicità futura che non arrivò mai. Ti sei trovato nel momento giusto ma in un posto sbagliato, in una città dove, da parte della gente, non c’era voglia di conoscere nuovi ideali, e così volò il tuo breve tempo di gioventù, passando di giorno in giorno e lasciandoti un ricordo illuso di una realtà che non ti apparteneva, disuguale dai tuoi coetanei. Oggi le cose sono cambiate, la gioventù è vista in maniera diversa dai noi ragazzi, ognuno vive questa splendida fase della vita come meglio crede, ma non abbiamo problemi ad accogliere questo periodo di divertimento e spensieratezza che sfortunatamente ci accompagnerà per un breve tempo, ma in fondo si sa che le cose belle finiscono subito. Dalla tua epoca fin ad oggi c’è una sola cosa che ci accomuna tutti in questa tappa del nostro percorso, la voglia di divertirci e di sognare per un solo istante un mondo come vorremmo noi, un mondo spensierato. L’illudersi di una marea di sogni impossibili che non si potranno realizzare quando aprirai gli occhi e ti accorgerai di essere adulto.
E tu avevi dei sogni? Come immaginavi il tuo mondo? Partiamo dal presupposto che quando dici gioventù la prima cosa che ti viene in mente è la parola divertimento. Ma che tipo di divertimento? C’è un po’ di differenza tra il divertimento di una volta e quello di oggi, dove noi ragazzi, malauguratamente, viviamo in un periodo morto, in un periodo di crisi dove nessuno prende iniziative per creare qualcosa.
Certo, il futuro siamo noi ed è tutto nelle nostre mani, ma come si può creare un futuro migliore se il presente è già rovinato di suo? Quando le nostre orecchie sentono la parola gioventù, numerosi pensieri piacevoli percorrono la nostra mente, lasciandoci la maggior parte delle volte un sorriso a trentasei denti, automaticamente nella nostra testa si apre un sipario e dietro le tende appaiono diverse immagini che rappresentano i ricordi del nostro pezzo di gioventù non ancora terminato.
La gioventù è quel breve tempo che va dall’adolescenza all’essere adulto, quando noi ragazzi non siamo del tutto responsabili, perché è proprio l’irresponsabilità che rende tutto così bello.
Prova a immaginare un giovane responsabile, sarebbe noioso, non sarebbe giovane. Per me, il modo di fare dei ragazzi di oggi può essere associato al film “gioventù bruciata”, un film dove si parla di ragazzi che vivono col concetto “vivi al massimo, muori giovane”, infatti le esperienze che oggi fanno i ragazzi sono per la maggior parte negative, superando il limite, bruciando le tappe.
La gioventù oggi è molto esigente, cerca sempre di più. Un giovane di oggi spesso viene condizionato dalla massa, fa specificate cose perché vanno di moda, e non sempre segue i propri ideali, spesso non ce ne rendiamo conto ma veniamo coinvolti in queste nuove mode dove apparire è più importante dell’essere se stessi.
Oggi non si comunica più come una volta, oggi basta una semplice richiesta d’amicizia su facebook per farci sentire meno soli, per farci sentire più a nostro agio, ma spesso questi social network vengono usati da ragazzi che non si trovano a proprio agio con il proprio corpo, che hanno gusti diversi da tutti gli altri, e non vengono accettati dalla società, e così solo dietro uno schermo posso essere se stessi, creando delle vere e proprie vite virtuali, chiudendosi in se stessi, e bruciando la loro giovinezza.
Desideriamo evadere da questa realtà svagandoci, ma siamo terribilmente annoiati da tutto questo, perché abbiamo tutto quello che vogliamo, siamo più liberi rispetto a prima, le cose ci vengono più facili e non sappiamo neanche noi cosa vogliamo. Così troviamo divertente sfidare la società, la polizia, la scuola, sottovalutando i valori che quest’ultime ci possono insegnare ma questo accade anche perché molti giovani di oggi trovano difficoltà ha creare un futuro sereno, infatti dopo il diploma o la laurea è difficile trovare lavoro. Quindi possiamo dire che la gioventù oggi non è tutta rose e fiori, ma devi saper pure cogliere l’attimo, un concetto che non va sottovalutato è proprio quello del “carpe diem”, divertiti, fai nuove esperienze, conosci nuove persone e non perdere un minuto di più, perché questo bene così prezioso va vissuto giorno per giorno, minuto per minuto e secondo per secondo. Il divertimento oggi è molto cambiato da quello di una volta, oggi questa parola significa “esagerare”, bevi tanto, fuma tanto, fin quando non ti senti male.
Ma oltre a queste, una nuova moda oggi è quella dei selfie, ovvero scattare fotografie fingendosi felici, postando le tue foto su dei social network, mostrando così la tua falsa felicità. Ma la gioventù è anche saper accettare le prime piccole lezioni di vita che ci servono a crescere e a imparare che non sempre si può avere tutto quello che si vuole.
Si può dire che la gioventù ha diversi aspetti oggi, lati negativi e lati positivi. Abitualmente sentiamo le persone più anziane ripeterci che la gioventù è la cosa più bella, così noi ragazzi mettiamo da parte i lati negativi e ci godiamo quelli positivi. Noi giovani che viviamo in piccoli paesi, sogniamo una vita molto diversa, o almeno io, sogno di vivere in una grande città e questo significa andare a ballare tutti i sabati nelle discoteche, mentre qui esse non esistono. Il divertimento nei paesini è molto diverso, da noi si esce nel pomeriggio e si rientra la sera, si fa tardi passando il tempo per le vie del paese, quando arriva il sabato si esce un po’ più tardi e si gira per i locali, ma fortunatamente vengono organizzate feste nelle vicinanze, dove si può ballare fine a notte fonda.
Io, ragazza di sedici anni, ho ancora tanto da conoscere, piena di sogni che spero un giorno si potranno avverare, ma nel frattempo mi godo la mia gioventù. Con il passare degli anni spero di cambiare qualcosa, di godermela veramente fino in fondo questa gioventù, facendo nuove esperienze per cercare di crearmi un futuro come piace a me.
Il tempo passa velocemente e spero di fare tutto quello che credo sia giusto per me, in modo che in futuro non avrò rimpianti, ma solo dolci ricordi di questo fantastico pezzo di vita indimenticabile.
Se la gioventù fosse illimitata sarebbe un sogno che si avvera, e credo che su questo la pensiamo tutti alla stessa maniera.
Tu, caro Leopardi, come ti saresti trovato tra la gioventù di oggi?