Premiati XII° ed. – Sezione Poesia

1º PREMIO: IL SESTO GIORNO – Franco Fiorini

E il sesto giorno piovvero i missili
ad incendiare il cielo della sera
a spegnere il calore dei camini
come avvoltoi famelici senz’ali
ad artigliare i sogni dei bambini.

Polina aveva i capelli del grano
ebbro di sole ai tramonti di Kyiv
gli occhi il riverbero del fiordaliso
e il sorriso felice di bambina.
Beveva il cielo dietro gli aquiloni
a rubare alle nuvole i segreti.
Dietro la soglia poi solo carezze
di un padre di una madre il fratellino
e un cucciolo di stoffa sul cuscino.

Polina non sapeva di sirene
del rombo devastante del cannone
del sibilo straziante delle bombe
(a un fiato appena dalla distruzione)
di corse disperate senza meta
dello scempio portato alla sua terra.
Non sapeva l’orrore della morte
non conosceva il gioco della guerra.

In un altrove senza più domande
dove l’eterno è fatto quotidiano
con gli angeli bambini a farle festa
corre Polina dietro gli aquiloni.
Straziato sulla via un corpicino
occhi di cielo e grano nei capelli
di stoffa tra le braccia un cagnolino
due gocce rosse a sanguinarne il petto.


2º PREMIO: IL PROFUMO DELLA LANA – Maria Pompea Carrabba

Passava a primavera lo scardalane
tra i paesi della Montagna del sole
Loquaci e preziose le sue mani
ma avaro di parole

I chiodi scivolavano sui riccioli di lana
e con santa pazienza, dondolando si sbrogliavano
i nodi avvizziti dal tempo

Le donne, guardinghe se ne stavano
ben accorte che non sfuggisse
un sol ciuffo di lana

É giorno di gran festa
fragranze di noce e sambuco
guanciali e giacigli
dote preziosa per le ragazze da marito

Tutte intorno
col fazzoletto in testa e il grembiule
tra canti e racconti
sedevano mamme, zie e nonne
Con l’ago saccurale
abilmente trapuntava la vicina di casa
le giovinette, rubavano con gli occhi
i segreti dell’arte

Profuma di pulito
il talamo di nozze
dolce sospiro
di sogni e speranze

Storie e volti
intrecci di fili e di anime
narrano di un tempo lontano

C’era la fame e c’era l’ingegno.


3º PREMIO: EPILOGO – Mario R. Mangiocavallo

La nebbia lì ad Hamilton, fratello, ha lo sguardo arcigno e attorciglia al vuoto ghiaccio il tuo risveglio.
Su viali cupi muovono le ombre a falce in cadenza sulle ore che sanno di fiele nella tua carne.
Tu scrivi le tue pagine nelle mie lacrime,
le tue ferite nel mio sangue che si fa tua dimora.
Se tu venissi, fratello, se tu venissi qui ora scopriresti lo scempio delle rughe sui volti cari, il piatto caldo nelle sere d’inverno lungamente addormentate.
Se tu venissi, fratello, se tu venissi a condividere con me l’aria impastata col dolce rosso delle more
e il verde profumo di questi orti, scorderesti il raggio obliquo di quella terra lontana.
Oh, l’aritmetica del patire annegata in poltiglie di noia, il peso ritmato di un sole spento
nei bassifondi di Stoney Creek.
Geme la notte, fratello, dentro il tuo pastrano fra uragani di solitudini agli spigoli,
nel disegno della luna accanto a te sepolta.
Ma tu cerchi ancora le mattine d’avorio nelle necropoli dei tuoi silenzi, lo stupore dei tramonti cremisi
nei lacerti del tuo tempo greve.
Com’è arduo stupirti sai, quando un angelo
sceso a consolarti nei crocicchi delle strade inutilmente illuminati, scioglie in gioia il tripudio del tuo tormento, quand’io tra isole d’ombre e geroglifici di dolore, (chinando gli occhi per pudore al tuo inverno)
ti chiedo perdono per quelle volte che trascurai la croce sul tuo Calvario, sordamente.


MENZIONE SPECIALE DELLA GIURIA:

Assaporando un ricordo – Francesca D’Apolito

Sapevi di caldo e di freddo
Di polpette con il sugo
Di cartellate fritte
Di marmellata e gelato

Sapevi di vecchio e di nuovo
Di legna e di bruciato
Di cappotto a maggio
Di forza e di coraggio

Ti vedo nel blu del tuo vestito
Regina in battaglia, donna di ferro
Dove sono finite le tue rughe?
Sparite con un soffio
Così come sei sparita tu

Viso di seta, occhi chiusi,
Capelli lanosi
E io che pensavo:
Ti amo ma in piccole dosi
Rischio di osmosi
Mi chiederà: quando ti sposi?
Coi suoi occhi curiosi
E per evitare discorsi spinosi
Evitavo te

Ed ora ti ricordo nei mattini piovosi
Tra i visi rugosi
Ti amo in grandi dosi
Ti abbraccio nonna, mentre riposi.

Dove muoiono le nuvole – Giuseppe Settanni

Nel vento mi stringo alla mia essenza
e cerco di abbracciare con lo sguardo
l’azzurro inconsapevole del cielo
dove corrono logiche di forme
antiche: il movimento non trasforma
la sostanza delicata dell’aria.
Non esiste inizio per questo viaggio
appena immaginato, eppure il volo
è come una continua mutazione
che si spiega solo con la distanza
di un mare solcato dall’innocenza.
A cosa servono le negazioni
nella vastità delle percezioni?
Si dimenticano le incomprensioni?
E non viene neppure naturale
volgersi alla saggezza degli esperti
per avere risposta alla domanda:
“Ma dove muoiono tutte le nuvole?”
Non in terra, troppo sporca, né in cielo,
dove non si propone l’avvenire,
ma solo tra i volteggi dei gabbiani
che con le ali confondono gli azzurri.

 Sono un ago – Saverio Bronda

Dalla mia cruna passano fili.
Uniti si trasformano, crescono
e, sciocco, me ne innamoro,
mentre mi vengono portati via,

come se fosse il mio destino
quello di trovare, senza chiedere,
e perdere. Senza essere.
Ma io creo loro il passaggio,

Vengo stretto tra dita soffocanti
le stesse che poi mi ripongono, lì.
Dove non posso far male a nessuno.
Dove nessuno può farsi male con me.

I miei fili. Li ricordo, ognuno.

Io, che fuori sembro freddo e brillante,
dentro ho paesaggi di cotone.
Come se in me non ci fosse spazio.
Come se in me non ci fosse vuoto.

Nessuno guarda mai in un ago.
Eppure, mi serve giusto un dito
per infilarmi in quel velluto,
per capirne la realtà e ricamarla.

Non pungerò mai tante dita
quanti sono i legami che ho creato.

Ora, consapevole della mia natura,
so che nella mia punta creatrice,
esiste il male degli altri
che non posso scegliere di fare o di non fare.

Essere o non essere.
Non è più importante.

Sono un ago.

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