Premiati XIV° ed. – Sezione Legalità

1° PREMIO: “La parabola degli accecati” – Costantino Piemontese

Nella città di Lemine si teneva il Briefing convocato dagli Artefici di pacificazione. Impugnava il megafono l’Addetto più dotato di autoadesivi al plastico.
I giornalisti erano di stanza nel Golfo mistificante, occhi nei monitor e orecchie negli auricolari, incollati alla Farsa sul Canale Unico Possibile. L’uditorio stava impalato innanzi alla buca della pista di lancio delle palle da cannone.
“Ultimiamo la pacificazione dell’Area Protetta, riorganizzando l’Ordine preconfezionato”, gli Autoparlanti rimbombavano.
Meccanici applausi si sintonizzarono sul tonfo di calzari digitalizzati, e un’onda d’urlo fece vibrare la muraglia del bunker ov’era allogata in sicurezza la Cupola degli Accecati d’Odio.
“Ed ora, ecco il Grand Pas des corps de Gaza”, spararono a raffica gli Autoparlanti, mentre i cannoni ripresero a tuonare.
Sul Palcoscenico le esplosioni macellavano meravigliosamente.
La prima posa fu in Attitude; il bambino danzava su una gamba sola, mentre l’altra era tagliata a metà del femore.
La seconda fu un Grand Jetè; le gambe della bambina si divaricarono, volando via staccate dal busto.
La terza fu un Ballon; il bambino diede l’illusione di restar sospeso in aria, ma ricadde al suolo come uno straccio.
E poi, per finirla, tutte le Arabesque; teste, braccia, gambe dei bambini palestinesi slacciate via e disintegrate.

2° PREMIO: “Libertà” – Graziana di Nunzio

“Allora mamma scrivo: che cos’è la libertà?
Per me la libertà è bere il latte a cavallo sulla chioma di un albero guardando l’orizzonte del mare. Bello, vero mamma? Mamma?”
-“Bombardano!”
-“Mamma!”

Nell’istante il bicchiere di latte vola e cade in mille frantumi per terra.
Poi silenzio.
La macchia bianca diventa pozzanghera sul pavimento, velocemente si allarga negli occhi, diventa onda di pervinca oltremare.
Il foglio scritto, la penna, stretti tra quelle piccole mani, sono vela di cielo dove ripiegare paure ed orrori.
Tutto è impresso nelle parole, ad un passo dalla fine, in un abbraccio indissolubile.
L’ultimo fotogramma è uno sguardo materno.
Lascia al mondo suo figlio, sopravvissuto, rifugiato.
Resta aggrappato con le mani alla galleggiante salvezza delle parole.
Dopo tempo, due braccia forti sollevano quel bambino, ha occhi sbarrati come righe di un foglio, osserva l’orizzonte di un mare.
Accolto, atteso, ora rinato in un’altra madre.
Beve il latte come fosse colostro.
Il bambino, seduto a cavallo sopra una chioma di verde, lascia volare al vento il dolore.
Salvato da una parola, svuotata, distrutta, ricostruita, riscritta nell’eco del cielo.

-“Libertà!Restami dentro!Fammi nascere ancora. Facci rinascere tutti come hai fatto con me.”

3° PREMIO EX AEQUO: “Libertà di parola” – Alessandra Manfroi

Tutti parlavano. Parlavano per me, su di me, contro di me. Avevano già scritto la mia storia, senza chiedermi una parola. Era un mondo che zittisce, il mio, in cui la parola giusta è sempre quella che non si pronuncia. Ma è proprio lì, in quel silenzio violento e antico, che è nato il mio coraggio. Quello di chi non urla, ma sceglie. Di chi capisce che ogni parola detta o taciuta contribuisce a costruire il domani. Il mio “no” è stato pesante come una pietra lanciata contro un muro vecchio secoli, contro parole radicate, consumate, sbagliate. La legge non era ancora dalla mia parte, ma la verità sì. E la verità, anche quando è scomoda, non si piega. Con quel “no” ho rotto un muro, creato una crepa dalla quale è uscita la mia voce tremante. E quella voce, pian piano, ha cambiato tutto. Onore, dignità, giustizia: parole tradite ogni giorno, che diventano reali solo quando qualcuno le incarna. Ecco cosa vuol dire salvare le parole: non lasciarle in mano a chi le usa per nascondere prevaricazioni e iniquità. Salvare le parole significa restituire loro senso, ridurle all’osso, spogliarle dalla menzogna. E usarle per ricostruire, per cambiare la storia.

3° PREMIO EX AEQUO: “Il senso e il valore della parola” – Mariella

La parola, respiro del vento, creatura alata, canto sublime.
Urlo mutevole, celato in un mondo sordo, cieco, saturo di rumori ed opinioni vuote.
Come un’ombra, nel silenzio del crepuscolo, si aggrappa alla mia pelle,
scavando ferite profonde.
Esistono parole che accarezzano l’anima, altre che lacerano la dignità.
Con occhi lucidi, guardo la frivola bellezza di questo mondo,
fatto di voci, bisbigli sussurrati, assorbiti nello spazio,
dove il tempo tacito assume una dimensione sconfinata.
Ascolto il suono pungente delle parole,
non rispondo ad ogni abbominevole schiaffo. Resto immobile.
Le parole generano caos. Dividono, umiliano, trafiggono.
Governate dall’inganno, dalla falsità e dall’ipocrisia, alterano la realtà.
Tutto questo paralizza in una vischiosa ragnatela, toglie il respiro, spegne il sole.
Chi è in pace volteggia con il vento, senza far rumore esita a riempire lo spazio.
Parla con piccole azioni, che plasmano la propria Essenza,
anche quando il mondo segue un’altra direzione, inibendo in un oblio contrastante
la trasparenza della democrazia.
Penso al dialogo, al confronto, al rispetto delle regole, al bene comune,
La parola ha un peso, un senso, un valore.

Show Buttons
Hide Buttons